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Suoni e tradizioni in Campania: il nostro viaggio alla scoperta della Madonna dell’Arco

Suoni e tradizioni in Campania: il nostro viaggio alla scoperta della Madonna dell’Arco – Un dejavù, queste parole le ho già sentite. Il mio incontro con l’Associazione Vigliena, storica associazione religiosa del quartiere San Giovanni a Teduccio a Napoli, devota alla Madonna dell’Arco, è stato un’immersione in un mondo nel quale “se non ci sei dentro non puoi capirlo”, parola di Salvatore Di Somma, uno dei soci dell’ente.
Questa ed altre affermazioni e sfumature mi hanno portato alla mente un’altra tradizione, quella delle bande folkloristiche di Capri, che ho sposato dal 2016 grazie all’Isola Azzurra, una delle quattro bande, di cui sono fiero fisarmonicista. Sia chiaro, nelle bande di Capri c’è un culto laico, quello della tradizione, della memoria che si tramanda di generazione in generazione. Nelle associazioni dei fujenti c’è la devozione religiosa per la Madonna dell’Arco, il cui santuario sorge nell’omonima frazione nel comune di Sant’Anastasia, a pochi chilometri da Napoli.
Bene, grazie ad Antonio Sacco e Carmela Romano, amici e colonne portanti della nostra Napulitanata, ho deciso di conoscere più da vicino la realtà dell’Associazione Vigliena, detta anche ‘A Cullarina. Antonio e Carmela fino a qualche anno fa hanno preso parte alle funzioni organizzate dall’associazione mettendo a disposizione il loro sapere musicale, poi per ragioni professionali hanno dovuto lasciare spazio a nuovi musicisti, restando comunque legati al contesto, per affetto e per devozione.
Ricostruiamo i pezzi: vi è mai capitato di incontrare nelle domeniche che precedono la Pasqua dei gruppi di fujenti in abito bianco con fasce azzurre o rosse? E vi è mai capitato di ascoltare la loro musica? A me sì! E a questo ricordo lego soprattutto le mie domeniche di infanzia, soleggiate e profumate di cibo di casa dei nonni. Nell’età della ragione, grazie soprattutto ai miei studi universitari, ho provato a dare un nome ed un cognome a queste tradizioni, a questi suoni, a queste devozioni, a questi profumi, specie quando sono associati alle festività più importanti dell’anno, Pasqua e Natale in primis. In fondo è questo stesso spirito critico che mi ha portato, con Pasquale, a fondare Napulitanata. Stavolta ci ho provato con la Madonna dell’Arco, accolto da “Zio Tonino” Di Somma, storico ed anziano presidente della Cullarina, da Salvatore Beccaccio, da Salvatore Di Somma, da Felice Della Porta e da altri membri dell’Associazione, che fin da subito mi hanno messo a mio agio. La prima cosa che mi ha colpito è il loro piacere a ricevere un ospite “esterno” interessato alla loro materia per conferirle la giusta dignità. Sì, perché Zio Tonino e la sua famiglia associativa ci tengono fin da subito a precisare che non è un gioco e non è un business: è devozione per la Madonna, che l’associazione Vigliena porta avanti da più di 70 anni. Ne è la prova la data del 1946 riportata su una storica bandiera, dal valore affettivo inestimabile, impreziosita da ricami fatti a mano e dettagli in oro. I fujenti della Cullarina, diversamente da altri gruppi, non vanno in giro a fare la questua nelle domeniche precedenti alla Pasqua, ma autotassandosi aspettano con trepidante attesa che arrivino i giorni delle “funzioni”, con i preparativi del Sabato Santo e le funzioni della Domenica di Pasqua e ancor più del Lunedì in Albis, in cui tutte le associazioni raggiungono a piedi il Santuario. Salvatore e la sua squadra già dalla fine dell’estate iniziano a programmare quel che sarà in quei fatidici giorni, dedicandosi ai vestiti, affidati rigorosamente ad una sarta della zona, alle bandiere e, chiaramente, alla musica. Eccola, è proprio la musica che, come prima cosa, mi ha spinto ad intraprendere questo viaggio etnoantropologico. Scopro quindi che le associazioni si affidano, dietro compenso, a musicisti professionisti; la mia curiosità che immediatamente sottopongo agli amici della Cullarina è rivolta al rapporto che hanno con i musicisti: assodata e apprezzata la vera e sentita devozione dei fujenti verso la Madonna dell’Arco, riescono a trovare musicisti che, per quanto retribuiti, sposino la loro missione di fede? Salvatore e Friends mi rispondono che chiaramente non è una cosa scontata, ma che tutti i musicisti che sono coinvolti, rispettano il contesto in cui vengono chiamati in causa. Proseguendo l’indagine, ho provato a fare domande da etnomusicologo chiedendo di strumenti e canzoni. Ho percepito una certa apertura ideologica verso gli strumenti musicali “ammessi” alle funzioni, dai classici fiati e percussioni a un pianoforte elettrico trasportato su un apposito supporto. Molto più rispetto e rigore invece ho potuto apprezzare sul repertorio: durante le funzioni c’è spazio solo ed unicamente per i canti dedicati alla Madonna; non sono ammesse colonne sonore di film celebri (Il Gladiatore?!) o classici napoletani o hit del momento. La Leggenda del Piave e l’Inno di Mameli, mi spiegano, vengono eseguiti come momento di commemorazione ai soldati caduti. Poi c’è la fronna, la voce a cappella che con il quarto grado alterato invoca la Madonna.
E i più giovani? Non mancano, mi colpiscono le parole di Ciro Pelliccio, che mi racconta che è devoto alla Madonna dell’Arco da quando era ancora in grembo. I più adulti mi raccontano che non è facile coinvolgere i più giovani, ma che il loro sforzo va chiaramente anche in quella direzione, per far sì che la loro fede e la loro tradizione non vadano disperse. Mentre la mia chiacchierata con gli amici della Cullarina volge al termine, ecco apparire un’altra associazione di fujenti della zona. Interrompiamo e, con fare devoto, usciamo ad accoglierli per consentirgli di dedicare un brano ed una fronna alla Madonna. Noto rispetto reciproco, in virtù della devozione comune per la Mamma dell’Arco. È il momento dei saluti: ci ripromettiamo di rivederci, magari proprio nelle mattine pasquali, quando gli sforzi di un anno intero vedranno la luce.
Riscopro, con piacere, che Marco Zurzolo ha raccolto i brani delle bande della Madonna dell’Arco nel suo album Ex Voto e trovo sollievo dal fatto che un musicista del suo spessore l’abbia fatto. In fondo, per chi vive di arte, il motore è il piacere della ricerca, è quello stesso sguardo critico che aiuta a guardare il mondo con gli occhi e con le orecchie di chi sa guardare ed ascoltare per poi uscirne donne ed uomini migliori, grazie alle proprie radici.

Di Mimmo Matania

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