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Le stelle nella canzone napoletana

 

Le stelle nella canzone napoletana – Qualcuno mi spieghi questo mistero, scrive Rodari nella poesia Il cielo è di tutti.

il cielo è di tutti gli occhi
[…] È del vecchio, del bambino,
del re, dell’ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.[1]

È come mi sento quando mi capita di stendermi sotto la coltre blu: livellata, armonica col resto del mondo. Il mistero si infittisce quando attendo, senza aspettarmi niente, di vederla cadere, la stella. Non siamo tutti un po’ così? Col fiato sospeso, cercando di scegliere tra i mille desideri che si imbrogliano, quello che valga veramente la pena esprimere, prima che la stella cada senza che tu te ne accorga?

La notte tra il 10 agosto e l’11 agosto, quella di San Lorenzo, è la notte della pioggia di stelle cadenti, anche se quelle che vediamo veramente sono meteore. Se nell’antichità erano segni di cattivi presagi, perché lacrime delle divinità, la venuta del cristianesimo ha cambiato di significato del fenomeno celeste: le stelle cadenti nella notte di San Lorenzo non sono altro che le lacrime del martire, morto bruciato vivo su una graticola. In suo ricordo è nata l’usanza di poter esprimere un desiderio, cioè di chiedere una “grazia”. Da Pozzuoli al Monte di Procida, da Bacoli e Baia, al Lago D’Averno (porte degli inferi per gli antichi greci, dove avviene il rituale della “Benedizione del Fuoco”) si festeggia cantando, ballando, col bagno di mezzanotte. O col picnic al Bosco di Capodimonte, abbracciandosi al belvedere di San Martino, stando col naso all’insù sulla collina di Posillipo lungo la discesa di Coroglio, camminando tra le rovine di Pompei, passeggiando lungo il Sentiero degli Dei.

Ma perché abbiamo così tanto bisogno di esprimere un desiderio? La canzone napoletana classica ci dona una miriade di capolavori che hanno dato voce a questa urgenza, che credo, si celi spesso sotto le mentite spoglie dell’amore tra due soli. Mi piace pensare che quello di coppia sia usato, in realtà, come modello universale di una concezione d’amore più largamente inteso: una forza inesauribile d’unione e comprensione reciproca.

Mi ci ha fatto riflettere Mandulinata a Napule, canzone del 1921, testo di Ernesto Murolo, musica di Ernesto Tagliaferri.

Compositore e direttore d’orchestra, Tagliaferri nasce a Torre del Greco il 6 marzo 1937, figlio di un barbiere del borgo di Sant’Antonio Abate, era destinato ad ereditare il salone paterno, ma rivelò invece precoci doti di musicista. Studiò al conservatorio di San Pietro a Majella dove-allievo di Giuseppe Martucci- si diplomò in violino e si perfezionò in composizione e direzione orchestrale. Vinse il concorso per un posto di primo violino al San Carlo, per suonare poi nei principali ritrovi napoletani del varietà, come l’Eden e la Fenice. La rapida fama acquisita è dimostrata dal valore dei poeti che lo affiancarono subito: E.A. Mario, Libero Bovio ed Ernesto Murolo. Con Murolo, giornalista, drammaturgo e poeta, (che insieme a Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio ed E. A. Mario, uno degli artefici della cosiddetta epoca d’oro della canzone napoletana). intraprese un lungo sodalizio.

Mandulinata a Napule è una serenata accompagnata proprio dal dolce suono dei mandolini: è una sera d’estate, due innamorati sulla collina di Posillipo sono inevitabilmente incantati dal mare e dalla notte stellata.

Sera d’está. Pusilleco lucente
canta canzone e addora d’erba ‘e mare.
Voglio ‘e pparole cchiù d’ammore ardente,
voglio ‘e pparole cchiù gentile e care
pe dí “te voglio bene” a chi mme sente
.
Sera d’estate. Posillipo risplende
canta canzoni e profuma di erba di mare.
Voglio le parole d’amore più appassionato,
voglio le parole più gentili e care
per dire “ti voglio bene” a chi mi ascolta.

La canzone fu lanciata per la prima volta, a 78 giri, dalla cantante Ada Bruges, la cui capacità interpretativa evocarono alla perfezione la singolarità e l’intensità tanto del testo, quanto quella della musica, capaci di ricreare suoni, odori, sensazioni, come fossimo proprio lì.

 

[…]
Notte d’está. Se so’ addurmute ‘e ccase
e ‘o cielo, a mare, ‘nu scenario ha stiso.
Staje ‘mbracci’a me, ‘nnucente so’ ‘sti vase.

Bella, stanotte, te so’ frato e sposo.
Stanotte, Ammore e Dio, songo una cosa.
Notte d’estate. Si sono addormentate le case.
e il cielo, sul mare, ha steso uno scenario.
Stai in braccio a me, innocenti sono questi baci.

Bella, stanotte, sono tuo fratello e tuo sposo.
Stanotte, Amore e Dio, sono una cosa sola.
Canta e da ‘o suonno Napule se sceta,
ridono ‘e vvocche ca se so’ vasate.

Tutt’ ‘e suspire ‘e tutt’ ‘e ‘nnammurate,
suspirano, stanotte, attuorno a te.
Canta e dal sonno Napoli si sveglia,
ridono le bocche che si sono baciate.

Tutti i sospiri e tutti gli innamorati,
sospirano, stanotte, intorno a te.
P’ ‘o mare ‘e Napule Per il mare di Napoli

Forse a volte desideriamo essere coraggiosi: ce ne vuole, di animo, per scegliere parole così semplici eppure potenti: ti voglio bene. Così forti da farti sentire parte del tutto. Che meraviglia, la canzone napoletana, che abbraccia solitudine e coraggio come due vecchie amiche. Capace di farti distogliere per un attimo lo sguardo dal mondo, dove “esisti come esistono le stelle, partecipando all’immensità”[2].

Esprimete desideri audaci. Siate impavidi: scegliete le parole con cura e non abbiate coraggio di dirle ad alta voce.

Buon San Lorenzo a tutti!

[1] Il Cielo è di tutti, di Gianni Rodari, tratta dalla raccolta Filastrocche in Fiore, Einaudi, Torino,1960.
[2] Telescopio, di Louise Glück, dalla raccolta Averno, Il Saggiatore, Milano, 2020.

 

Di Alessia Thomas

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