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Cari lettori,

eccoci nuovamente all’appuntamento mensile con le avventure del nostro fantastico supereroe innamorato, in missione dal paradiso per salvare la canzone napoletana.

In questi ultimi mesi, tutti noi abbiamo vissuto momenti drammatici dove la speranza e l’ottimismo erano sensazioni davvero difficili da provare. Ma forse, pian piano ci stiamo rialzando. Ma lasciate che vi ringrazi poiché in tantissimi mi avete scritto che questo personaggio vi ha fatto compagnia in questa quarantena. Chi si era perso le puntate precedenti è andato a rileggersele su www.napulitanata.com, in molti mi hanno contattata per conoscere le possibili evoluzioni di questo amore impossibile tra un supereroe e una comune mortale; ebbene devo confessarvi che con la vostra curiosità ed il vostro entusiasmo, avete fatto tanta compagnia anche a me. Ma adesso, scacciamo la malinconia e pensiamo a ripartire. Proprio in questo momento così delicato vi esorto a seguire ancor di più le iniziative di Napulitanata, una realtà nata per far conoscere in una forma divertente ma autorevole, la nostra meravigliosa canzone napoletana. Come immaginerete, questa, come tante altre attività volte alla diffusione di cultura e bellezza sono state pesantemente penalizzate dalla pandemia. E allora cerchiamo di ripartire tutti insieme scegliendo di aiutare Napulitanata, come tutte le altre realtà che con grande fatica investono sul nostro territorio diffondendo tradizione e conoscenza.

Viva la cultura, la bellezza, viva la passione dei giovani, viva le scommesse difficili, viva il coraggio…siamo pronti a ripartire.

Buona lettura

Eva Sansanelli

 

Le avventure di Gennaro Cerulli: storie di ripartenza e di rivalità!

 

Erano ormai passati due mesi da quando Gennarino aveva messo piede la prima volta nel piccolo appartamento di Vico tre Re a Toledo. Certo, gli mancava il Paradiso, ma come gli ripeteva spesso San pietro nel corso delle loro lunghe telefonate: <<Gennà, mò devi restare a Napoli, non ti devi muovere…vuliss purtà o Covid pure ‘n Paravis? Ma di la verità Gennarì, tu non vuoi tornare più in Paradiso?>> e allora Gennarino iniziava a canticchiare alcuni versi della meravigliosa “Duje paravise” [1]

 

“Ah, San Pié’, chesti ccanzone,
sulo Napule ‘e ppò fá,
arapite stu barcone.
‘A sentite ‘sta cittá?
E, sott’ ‘o sole e ‘a luna, vuje sentite
sti vvoce, ca só’ voce ‘e giuventù.
Si po’ scennite llá, nun ‘o ccredite?
Vuje, ‘nParaviso, nun turnate cchiù.
Ma, doppo poco, da ‘a malincunía
‘e viecchie se sentettero ‘e pigliá.
Suffrévano nu poco ‘e nustalgía
e, a Napule, vulèttero turná.
“Mo, San Pié’, si permettite,
nuje v’avimm”a salutá”.
“Site pazze! Che dicite?
Nun vulite restá ccá?”
“Nuje simmo ‘e nu paese bello e caro
ca tutto tène e nun se fa lassá.
Pusìlleco, Surriento, Marechiaro.
‘O Paraviso nuosto è chillu llá”.

 

Era felice Gennarino, per la prima volta nella sua vita si sentiva appagato e compreso. Quei lunghi mesi ad osservare la città respirare lentamente, affacciato al suo balconcino, gli avevano restituito tutti i ricordi della vita “terrena” che aveva ormai dimenticato. La città stanca e messa in ginocchio da quella pandemia, gli occhi disperati della gente che aveva perso tutto e non vedeva un barlume di aiuto da parte dello Stato ma solo dai propri concittadini, gli ricordavano l’Italia del primo dopoguerra. Era stato proprio quello il momento in cui il caro Gennarino, alla soglia dei 25 anni, dopo aver combattuto valorosamente, appena tornato a Napoli morì tra le braccia di sua madre e volò in Paradiso. Ma San Pietro, che ne riconobbe il cuore puro, volle dargli un’altra possibilità e lo fece diventare un angelo. Gennaro era un angelo dal cuore d’oro, si sapeva trasformare da supereroe e risolvere le missioni più complicate che gli venivano affidate, senza mai perdere la sua integrità e purezza. Ed era per questo motivo, ma lui ne era ancora all’oscuro, che San Pietro aveva deciso di premiarlo con la gioia di un amore, il suo amore perduto. Maria infatti, ma questo Gennarino non poteva ricordarlo, era la promessa sposa del nostro supereroe, prima che diventasse un angelo. Si erano conosciuti quando entrambi avevano 17 anni. Fu un colpo di fulmine, si innamorarono e nonostante le difficoltà, continuarono a tenersi in contatto durante tutto il tempo che Gennaro passò al fronte. Non vedevano l’ora di incontrarsi e quando ci fu l’armistizio Gennaro era al Nord e attraversò a piedi tutta l’Italia per tornare tra le braccia della sua famiglia e della sua futura sposa: Maria. Ma quando arrivò sulla soglia di casa, lo colse un malore e morì. Gennarino e Maria non lo sapevano ma si erano già conosciuti, innamorati, desiderati… e adesso dal Paradiso arrivava la grande occasione, il Miracolo, di far proseguire quel grande amore. Era per questo forse che i pomeriggi trascorsi a chiacchierare al balcone sembravano volare. Era per questo che riascoltarono e fecero riascoltare a tutto il vicoletto, grandi classici della canzone Napoletana ormai dimenticati. Ed era per questo che quando il 18 Maggio, giorno in cui finalmente si potè uscire senza autocertificazione, Gennarino propose a Maria una romantica passeggiata sul lungomare, ad un metro di distanza. Lei arrossì, arricciando il suo bellissimo nasino, perché non vedeva l’ora di ricevere quell’invito.

Entrambi erano emozionati e mentre si preparavano per quella prima, elettrizzante uscita dove forse si sarebbero tenuti per mano, ascoltarono la meravigliosa Canzone di Sergio Bruni “Che Miracolo stammatina”[2] sembrava davvero un miracolo sentirsi parte del mondo, tutt’uno con la natura e quell’amore nuovo ma antico a sublimare il tutto.

Gennarino si affacciò al balconcino:

<<Maria sei pronta? Ti aspetto giù!>>

Maria: <<Si Gennaro, inizia a scendere, mi sto finendo di truccare, solo 5 minuti>>.

E mentre il nostro supereroe dava l’ultima mandata alla porta di casa, felice e sovrappensiero, si girò e vide una figura inquietante che lo aspettava sul pianerottolo.

Era un ometto tarchiato, vestito tutto di nero e con una strana pochette di pelle nera in mano, tatuaggi e un fare da guappo sotto strati e strati di ciccia… Il Balordo provò a fare una voce da duro e gridò:

<<Tu si Gennaro? Io so Ciro, ìo ‘nnamurato ‘e Maria. La devi lasciare stare, Maria è roba mia. Appena finisce sta storia ci dobbiamo sposare sopra al comune>>.

Gennaro rimase tramortito e in un attimo quei mesi meravigliosi sembrarono svanire di colpo…

 

Riuscirà il nostro supereroe ad eliminare il suo rivale?

Ve lo sveleremo nella prossima puntata.

Eva Sansanelli

 

[1] Duje Paravise. E.A.Mario-Ciro Parente- 1928

[2] Che Miracolo stammatina. Bruni-Palomba- 1994

 

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