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Il blog di Ciro e Antonio: Elvira Donnarumma

Scopriamo il nostro personaggio, Elvira Donnarumma, affidando un esauriente descrizione delle qualità interpretative della cantante napoletana ad un articolo pubblicato dal periodico artistico-musicale partenopeo La Canzonetta, pubblicato in occasione della Piedigrotta del 1914 e firmato dal critico Pierangelo Baratono.

Osservate invece come opera Elvira Donnarumma. Essa appunto perché possiede davvero un’anima, sa che il doppio senso è un gioco superficiale, la malizia è un metodo sotto il quale si nasconde qualcosa di più e di meglio: la satira e il sentimento, la poesia e la realtà. La sua voce non insiste mai con brutale evidenza sulla frase ma sorvola insinua, lascia indovinare un mondo di significati trascendenti il crudo realismo; l’accoppiamento diviene idillio, la malizia assurge a espressione d’arte. I gesti completano la parola, commentano ma suggerendo, accennando non specificando, sono come un nuovo ritrovo, che si svolge parallelo al ritrovo del canto e aiuta il pubblico a rimanere in quella vaga indeterminatezza, cioè la facoltà di sentire, costituisce la base interpretativa di Elvira Donnarumma nel repertorio napoletano..” (da : La Canzonetta, anno VII, n. 14/15/16 – 1914).

Elvira Donnarumma nacque nel quartiere Pendino, a Napoli il 18 marzo 1883 da modesta famiglia. Esordì alla Birreria dell’Incoronata ancora giovanissima, suo accompagnatore al pianoforte, come nella vita, il Maestro Alberto Montagna (1871-1907) destinato anch’egli, per un tragico gioco del destino, a spegnersi a soli trentasei anni dello stesso male che in seguito ucciderà Elvira. La Donnarumma si esibì, tra l’altro, al teatro Petrella e nel 1894 al Circo delle Varietà. Aveva soltanto tredici anni! La sua carriera proseguì raggiungendo l’apice nel 1908, quando il suo nome comparve in testa al cartellone del teatro Olimpia di Roma. Da quel giorno fu tutto un susseguirsi di successi. Tra i suoi capolavori: Strada Sulitaria (G.Rainone-G.Capolongo); Mamma mia che vò sapè (F.Russo-E.Nutile); Suonne sunnate (G.Rainone-G.Capolongo); Tutto è pronto (L.Bovio-N.Valente).

Diede l’addio alle scene nel 1932, eseguendo la struggente Addio (L.Bovio-N.Valente) che viene ricordata come il suo testamento spirituale. Si spegne di mal sottile, a Napoli il 22 maggio 1933, a soli cinquant’anni. Si racconta, e ci piace crederlo, che Libero Bovio le avesse dedicato i delicati versi di Chiove.

di Ciro Daniele e Antonio Raspaolo

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