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I suoni di San Gennaro: tra litanie, preghiere e schiamazzi

 

I suoni di San Gennaro: tra litanie, preghiere e schiamazzi – Eravamo due napoletane, una palermitana ed un pisano. Passeggiavamo per via Duomo qualche sera fa, e la testa dipinta di San Gennaro sbucava furtivamente sui muri tra un Maradona, un ciuccio e un la capolista se ne vaa! Impossibile non cominciare a parlare del patrono: c’era chi non ne conosceva la storia, chi si confondeva con i martiri subiti da altri santi, chi non avesse mai visto il tesoro, ma la domanda principale era quella:  questo sangue, si scioglie veramente o no?

Tra , no, boh e ipotesi varie, (ci mettono del solvente/ è una sostanza sensibile al calore, non proprio sangue), mi sono osservata dall’esterno: la mia risposta è stata un convinto no/boh, ma la napoletana in me ha leggermente ruggito sì. Ovviamente i nostri dubbi non si sono risolti, forse neanche cercavamo un confronto, ma solo un posto dove poter bere di domenica sera, e quindi abbiamo lasciato San Gennaro ai suoi misteri.

Napoli è una città di contrasti, sulla linea sottile tra il sacro e il profano. Ogni anno, a settembre, questa risuona di una sinfonia unica, nel momento in cui la fede, la tradizione e la passione si fondono.

Da brava napoletana, non ho mai assistito alla processione per il Santo Patrono, ma ne ho frequentate di messe, detti di rosari, e assistito a celebrazioni in paesini remoti con una sola chiesa e le vecchiette con i foulard sul capo che idolatravano il santino stretto e stropicciato nelle nocche rugose. Non equivale certo a godere della celebrazione dal vivo, ma con qualche aiuto, credo di riuscire ad immaginarla, a sentirla parlare.

La festa di San Gennaro si svolge il 19 settembre, ma le celebrazioni iniziano già il 16, nove giorni prima con la cosiddetta “novena“, dove le Chiese di Napoli declamano preghiere speciali e messe quotidiane in onore del santo.

M’imbatto in un video che ritrae una delle nove solenni preghiere della novena.

Eccole tutte lì in prima fila, le novenane, qualcuna accalcata qualche panca più indietro, che con voce decisa e qualche occhio al cielo, invocano:

Com’era nel principio, ora è sempre nei secoli dei secoli, Ammèn!

[a ritmo cadenzato]

San Gennaro vien quaggiù

Nun ne pozzo proprio cchiù.

La speranza e la mia fede

Tutto sta riposto in te.

Quanto bene hai portato alla santissima Trinità!

Fancelle ‘e grazie,

nun c’abbandunà, San Gennà!

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!

Com’era nel principio, ora è sempre nei secoli dei secoli, Ammèn!

[Attimi di titubanza, ci si prepara a cantare, ma chi comincia? Una lei dalle nocche rugose, stringe il rosario e si fa forza, addirittura zittisce una seconda voce pronta ad accompagnarla.]

San Gennaro mio è putente!

E aiuta a tanta gente!

[A questo punto, tutti in coro]

San Gennaro, mio protettore!

E a Dio, nostro Signore!

 

Il 19 settembre arriva: nella la cattedrale di Napoli, nota come il Duomo di San Gennaro (Cattedrale di Santa Maria Assunta), una messa solenne viene celebrata, e migliaia (giusto qualcuno non presente alla novena) di fedeli, si radunano per partecipare alla cerimonia. Recupero la messa dello scorso anno, celebrata da don Mimmo Battaglia. I primi frammenti non mi stupiscono: una chiesa gremita di gente ammassata, i colli che cercano di scavalcare teste per vedere meglio, respiri mozzati, la coda di vescovi, preti e chierichetti per la navata, l’ampolla custodita da quelle parti. Eppure, la solennità è diversa da quella di una messa pasquale o natalizia. Si avverte nel modo di farsi il segno della croce, di pronunciare le preghiere senza monotonia, negli sguardi e nelle intonazioni dei canti, che questo è un altro tipo di celebrazione. Un decoroso rispetto, misto ad intimidazione, alla speranza che quel che deve accadere accada, alla tenzione: e se poi non succede?

Secondo la tradizione, il Santo è stato decapitato dall’imperatore Diocleziano a Napoli nel 305 d.C.; il suo sangue, ritrovato da Eusebia, venne raccolto in due ampolle ora sigillate nella cattedrale. Durante la messa, il vescovo o il cardinale presiedente tenta di far sciogliere il sangue. La fede popolare vuole che, se il sangue si scioglie, è un segno di buon auspicio per la città. Il viceversa, possiamo immaginarlo. Ma quando lo fa.

Lo si urla a gran voce come un goal, come ad una celebrità, come a nu miracolo!

[Altro documento video, altri volti estasiati, bocche larghe, dentature pronte ad urlare:]

DAI! DAI!

[Ci si rivolge al sangue come in prima persona]

È grande, è grande, San Gennà!

Si brav! Si brav!

[L’ampolla dal sangue liquefatto fatica a passare tra la calca, poi una donna visibilmente emozionata]

Per Napoli e i napoletani San Gennaro è un manto che protegge!

E giù di trombe.

E di litanie che echeggiano tra le strade antiche, veri e propri dialoghi tra la comunità e il loro santo protettore. E di una processione anche profana, dove la statua di San Gennaro viene portata su un carro trainato da cavalli e seguita da una folla di fedeli (e non). Si attraversano quartieri storici, con fermate significative presso le chiese dedicate al santo. Campane, grida, esultazioni, tamburi, marce, pianti di bimbi, pianti di gioia, qualche imprecazione. Gli schiamazzi dei venditori ambulanti creano un sottofondo vivace e frenetico. Si odono grida di vendita, battute scherzose e l’invito a provare le specialità locali. E sorprendentemente come nulla di tutto ciò mi sa di cliché. Le bande musicali, spesso improvvisate, aggiungono un ulteriore livello di complessità sonora. Non si tratta della musica sacra tipica delle cerimonie religiose, ma di una forma di espressione artistica popolare, intrinseca all’identità napoletana.

I fuochi d’artificio completano questo spettacolo sensoriale. Non si tratta di una semplice esibizione pirotecnica, ma di una dimostrazione di abilità e passione. I fuochi scintillano nel cielo, sincronizzati con la musica e le preghiere. Ogni esplosione è un’opera d’arte.

I suoni di  San Gennaro non possono essere racchiusi in semplici parole: credo sia un’esperienza personale, il suono della devozione autentica, della vitalità della comunità napoletana e della celebrazione della sua identità unica. E mentre si perde nell’incanto dei suoni di San Gennaro, si scopre che Napoli è molto più di una cartolina turistica; è un’esperienza oltre le parole e i luoghi comuni.

Nell’omelia della precedente messa, don Mimmo Battaglia sottolinea:

Ci ritroviamo nel giorno natale del Vescovo e martire: può sembrare strano definire così un giorno in cui la violenza sembrò prevalere. […]Ma così si imparò a riconoscere la morte come una nuova nascita, perché tutto passa, tranne l’amore, che cammina, respira. Chi non lo conosce, cede facilmente alla forza violenza. Quante volte, nella nostra città, vediamo imperversare questa logica e abbiamo avuto voglia di buttare la spugna. Coloro che sembravano di aver perso, oggi hanno vinto. Vi prego, non cedete alla rassegnazione, non lasciatevi sopraffare dalla realtà dominante. Poco importa che il sangue si sciolga o meno, non riduciamo questa celebrazione ad un oracolo da consultare. Ciò che chiede davvero il sangue, è l’impegno quotidiano a credere nell’amore.

Questi sono giorni molto bui, a volte lasciati senza musica; forse parteciperò anche io ai suoni, alle litanie, pregherò,  schiamazzerò. Oppure chiederò la grazia sussurrando sorniona alla statua del Santo come ne La Smorfia di Troisi, Arena e De Caro:

San Gennà, m’arraccumanne: sei e vintuno.  

 

Di Alessia Thomas 

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