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Alcune riflessioni sul processo di “turistificazione” a Napoli: Come gestirlo?

Alcune riflessioni sul processo di “turistificazione” a Napoli: Come gestirlo? – Ci siamo salutati la settimana scorsa con una bella domanda: da dove possiamo partire per evitare che l’aumento dei flussi turistici accechi Napoli a tal punto da tralasciare alcuni bisogni locali fondamentali? Dare una risposta a questo quesito è più difficile di quanto si pensi. Tuttavia, vorrei che almeno diventassimo consapevoli che qualcosa è possibile, che quello in cui siamo immersi non è un destino ineluttabile. Come si dice “‘a speranza è l’urdema a muri’“, e qui, più che speranza, basterebbero giusto un po’ d’impegno e tanta voglia di superarsi.
Oggi parleremo quindi di una protagonista centrale del nostro dibattito sul processo di “turistificazione” a Napoli. Ci stiamo riferendo all’amministrazione.
Chi può occuparsi di tenere le redini del cavallo impazzito del turismo, se non coloro che gestiscono la città dall’alto? Evitare lo squilibrio tra mercato turistico e vita locale è l’obiettivo principale a cui aspirare. Ciò che può essere un’occasione ed un vanto per la città di Napoli, può al tempo stesso minare la fiducia e la solidarietà interna. Se non c’è qualcuno che se ne prende cura, se non ci si preoccupa di rendere e mantenere la città fruibile e vivibile, lo schianto è assicurato.
Flussi smisurati di turisti, uniti a servizi poco funzionali, ad un sistema di trasporti e sicurezza assolutamente inadeguato, e con l’aggiunta di un’inesistente logica d’insieme, costituirebbero gli ingredienti perfetti per un piatto riuscito male. L’assenza di una prospettiva di lavoro sistemico è un po’ quello che potremmo definire il tasto dolente della nostra bella Napoli. Si sa, più si è, più efficacemente si lavora. Più persone mettono insieme competenze e conoscenze, più è probabile esca fuori qualcosa di soddisfacente a 360 gradi (e non 180).
Non a caso si parla di coinvolgere anche il mondo accademico e le università nella gestione del mercato turistico. Come ciò che è accaduto nel 1991 con il CISET, a cui Sergio Sciarelli ha fatto riferimento nel suo articolo “Il marketing territoriale per andare oltre lo spontaneismo”. Il Centro Internazionale di Studi sull’Economia Turistica “è l’esempio lampante di come il dialogo tra contesto accademico e pubblica amministrazione riesca a dare frutti, avvalendosi anche dell’affiancamento da parte dell’imprenditoria privata”.
La presenza di figure già formate e specializzate nel campo del turismo e delle relazioni internazionali, rappresenterebbe una ricchezza bella e buona per chi si occupa di questo a livello regionale e cittadino. Chi studia come fare marketing turistico troverebbe pane per i propri denti. I manager della cultura saprebbero mettere ordine lì dove manca, definendo progetti culturali efficaci e all’avanguardia.
Valutare l’impatto che le attività turistiche hanno sul pubblico (sia locale che non), dovrebbe rappresentare una prerogativa. Purtroppo però, spesso la rendita vince sulla qualità della vita che viene garantita. E allora c’è chi si lamenterà se i tavolini dei ristoranti invadono i marciapiedi e chi sgancerà una critica esplosiva alla vista dei clochard che vivono in strada. Il punto è questo: collaborare è la chiave. Bello il concerto, bello il tour itinerante, belli i bus con vista di Napoli dall’alto; sì, ma se mancano ordine e coerenza interna, c’è poco da fare. Napoli è un museo a cielo aperto; dovrebbe “soltanto” imparare ad offrire ciò che ha da offrire, con tanto di gioco di parole.
Come? Partendo dal cuore dei suoi punti deboli. Andrebbero stabiliti criteri per valutare l’impatto dell’attività turistica sulle risorse, con annesse le modalità di protezione delle stesse. “Troppo spesso chi si è interessato di cultura lo ha fatto per dovere di presenza”, scrive Piero Sorrentino (da Un assessore alla cultura per evitare cadute di stile). Errore grosso sarebbe infatti quello di ridurre la gestione della cultura e quindi del turismo, a una questione di “doveri” piuttosto che di “piaceri”.
Si sa, piacere, passione e intenzione vera sono elementi costitutivi di una macchina turistica ben funzionante, e proprio per questo Napoli non può farne a meno. Il cambiamento che la nostra città sta affrontando con il suo successo turistico non è da considerarsi in chiave negativa: non bisogna subirlo, ma controllarlo e padroneggiarlo.

 

Di Claudia di Neubourg

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